Vigneti insabbiati, linee misteriose e un assaggio di Ande 

La mattinata passa pigramente, le uniche attività importanti oggi sono riorganizzare lo zaino per l’ennesima volta, trangugiare un favoloso succo fresco di frutto della passione appena spremuto e servito in un boccale da litro e comprare qualche snack per il grande spostamento. 
Verso l’una parte l’autobus che mi porterà ad Arequipa, nel sud del paese e non troppo lontano dal confine con il Cile, e arriveremo verso le sei del giorno dopo.

No money per guardare la partita? No problem
Garage con ogni sorta di benzina a El Catador

Dopo mezz’ora dalla nostra partenza ci fermiamo in un posto chiamato El Catador. Parte dell’itinerario proposto da Perù Hop è fermarsi qui per una piccola visita guidata sulla produzione locale di Pisco e vini. Io, che ho una grande passione per i vini, non sto nella pelle! 
Piccola premessa: il Perù non figura tra i grandi produttori mondiali di vini, e sicuramente qua in Sudamerica i vini argentini o cileni sono molto più rinomati. Detto questo la coltivazione dell’uva da vino in Perù è un affare vecchio di secoli, da quando gli spagnoli hanno cominciato a coltivarla qui, nella valle di Ica, proprio dove mi trovo ora. 
La maggior parte della produzione si trasforma nel distillato nazionale, il Pisco. Non dissimile dalla nostra grappa, sia in gusto che in composizione, si diversifica un po’ nella produzione. Per produrre un litro di Pisco, ci vogliono almeno 7 chili di uve! 

Botti in argilla parti del processo per la lavorazione del Pisco

La visita guidata doveva essere veloce. 
Invece è velocissima.

Una giovane guida dall’atteggiamento mezzo assente mezzo irritato recita a memoria testo e battutine senza la minima ombra di rielaborazione personale o di umorismo, seria e scocciata ci urge a sbrigarci a fare le foto che “dobbiamo andare a ubriacarvi”. 

Il prospetto di ubriacarci prima di un tragitto in autobus di 12 ore non ci alletta, ma la guida è categorica, ci mette un po’ di soggezione. 

Ci fa sedere su delle sedie di plastica una a fianco dell’altra a mo’ di plotone di esecuzione e, sempre glaciale e distaccata, procede nel presentarci dei prodotti locali. 

Assaggiamo circa quattro bicchierini, due vini dolci, un Pisco puro e una prodotto tipo Bayleys fatto col Pisco e la carruba. La mia vicina tedesca prova a rifiutare uno dei bicchierini, la guida la fulmina, la tedesca si piega e, con la testa bassa, va in contro alla propria sorte. 

Intanto il nostro vicino, un 14enne americano che è riuscito a staccarsi dalle grinfie della madre che lo sta cercando, si offre di bere qualsiasi cosa la tedesca non voglia bere, lui non ha problemi, dice. A fine degustazione, lo intravediamo mentre si intrufola in almeno altri due degustazioni.

Non sappiamo come è andata a finire, per fortuna abbiamo un autobus a due piani e noi stiamo al piano superiore e lui in quello inferiore.
Ripartiamo ora per la vera e propria traversata. 

Gli autobus per questo tipo di spostamenti qui in Perù sono decisamente moderni e avanzati. I sedili sono grandi e morbidi, si declinano fino ad essere quasi piani e hanno un supporto per le gambe e caricatori usb. 

 Lungo la strada, prima di uscire dalla valle di Ica osservo ancora distese di vigneti, e mi dispiace di non aver partecipato a un tour che mi spiegasse davvero l’arcano mistero: ma come fa questo terreno, che qualche metro più in là torna a essere deserto brullo e inospitale, che è talmente pieno di sabbia che tutto, dalle case alle auto e perfino i tronchi e le foglie degli alberi e le vigne ha una patina sabbiosa , a permettere la produzione di vino? 

Beh, sara per questo che il Perù poi non è conosciuto come un grande produttore di vino di qualità. 

Eh si, ma io un vino peruviano, un Cabernet Sauvignon di un produttore di Ica, chiamato Intipalka, l’ho già assaggiato… ed è un gran vino che non ha niente da invidiare ad altri vini di buona qualità.

E allora,siccome di esempi ben riusciti ne esistono, ritorna la mia domanda : questi produttori come fanno a gestire il deserto tutt’attorno?? Chissà.
Lasciamo la valle dell’Ica ma la sabbia non ci lascia. 

Entriamo in un vero e proprio deserto, siamo noi , un lungo rettilineo e il nulla. 

Improvvisamente sulla nostra sinistra cominciano le Ande. 
Ancora relativamente piccole , ancora insabbiate, ma già prepotentemente belle. 

Cerchiamo tutti di fare qualche foto dall’autobus, ma questi sono panorami che poco rendono in foto. 
Dopo qualche ora passata a negoziare il deserto e le prime salite, arriviamo a Nazca. C’è chi rimarrà qui stanotte, e domattina prenderà un volo per vedere le famose linee di Nazca dall’alto. 
Le linee di Nazca sono tra le attrazioni più famose del Perù: enormi geroglifici tracciati sul terreno e praticamente invisibili da terra, creati dall’antica cultura di Nazca, così come la cultura di Paracas un’altra civiltà pre-inca avvolta nel mistero. Si stima  siano state tracciate in un periodo non ben definito tra il 500 AC e il 500 DC. 

Nessuno sa esattamente la funzione di queste linee, tutte rappresentanti un motivo faunistico o naturale, e come ogni cosa fatta dai nostri antenati che ci sembri troppo avanti per le testoline preistoriche che ci pare debbano aver avuto, una delle teorie sull’uso delle linee da parte della civiltà di Nazca ipotizza un’origine aliena, o almeno per entrare in contatto con gli extraterrestri. 

Anche senza prove certe, è più probabile che le linee di Nazca venissero usate come parte di una specie di calendario solare ormai andato perso. 

Grazie al clima arido e secco della zona, la maggior parte delle linee di Nazca si sono preservate naturalmente, e solo nel 94 sono state dichiarate patrimonio Unesco. 
Io ho deciso che per questa volta passo, del volo sulle linee ne sento parlare benissimo ma ho voglia di spendere quei per altre attività più tardi. 
Ci fermiamo comunque in mezzo al deserto, dove si erge un osservatorio dalla quale si possono vedere almeno due linee di Nazca. 

Il paesaggio è straordinario .

Osservatorio di Nazca

Viste le linee e scaricati i viaggiatori che si fermano a Nazca, si riparte verso Arequipa. Il sole cala, purtroppo non riesco più a vedere fuori. 

Siamo nel deserto più assoluto, il buio è totale fatta eccezione per qualche sporadico posto di pedaggio . Durante la notte sento che spesso siamo in salita, spesso ci sono curve, e non poche volte la strada sembra non asfaltata. 
La notte è passata. Come è prevedibile dormire su un autobus, per quanto il comfort sia al massimo, è sempre difficile. Non posso dire di ricordarmi di essermi addormentata, però so che a un certo punto ero ad Arequipa e stavo visitando vari posti. Solo svegliandomi mi sono quindi accorta di aver sognato, quindi qualcosa devo aver dormito. 
È l’alba ad Arequipa. Faccio check in nel mio ostello, stanotte avrò una camera singola decisamente spartana ma che mi darà un po’ di privacy. Per fortuna la mia stanza è già disponibile, schiaccio il pisolino migliore del viaggio fino ad ora.

 
Ho deciso che rimarrò quasi tutta la settimana qui. Ogni volta che leggo di esperienze di viaggio in Perù e quando parlo con chi è già stato qui, sono sempre tutti unanimi nel concordare che ad Arequipa varrebbe la pena rimanerci di più, così ho deciso proprio di rimanerci di più, dato che il tempo me lo permette. 

Con un viaggio così lungo, ogni tanto ho bisogno anche di qualche giornata senza visitare, per ricaricare le batterie e connettere più profondamente con il posto.
Diamo inizio alla mia settimana arequipeña!